I bagni e la psoriasi

I bagni da sempre vengono usati per ridurre il prurito e sfoghi cutanei.

Ricordate il bellissimo quadro raffigurante la morte del rivoluzionario Marat del pittore francese Jaques-Louis David? Marat si trova immerso in una vasca da bagno perché afflitto da una fastidiosa malattia della pelle (che si trattasse proprio di psoriasi?). Questa gli causava prurito e piaghe e trovava sollievo solo da lunghe immersioni in acqua e caolino, una argilla bianca(silicato idrato di alluminio) dalle proprietà antisettiche e lenitive.

I bagni dovrebbero avere una frequenza giornaliera di almeno 15 minuti. E’ buona regola applicare di seguito una crema o una lozione idratante e lenitiva. Di seguito alcuni suggerimenti di vecchi rimedi ma sempre validi.

BAGNO CON FARINA D’AVENA

L’acqua prenderà un aspetto lattiginoso. Nel passato si andava al mulino e si prendeva della crusca, la si metteva dentro una vecchia federa e con i piedi si lavorava il fagotto per fare uscire gli amidi. Oggi troviamo comodamente sul mercato bustine già pronte. Qui puoi acquistare un prodotto a base di farina d’avena, ideale per i vostri bagni.

BAGNO CON CAMOMILLA , BICARBONATO DI SODIO E OLIO DI MANDORLE DOLCI

Ingredienti per la preparazione:

  • 2 cucchiai di bicarbonato di sodio
  • 2 cucchiai di fiori di camomilla (ha proprietà cicatrizzanti, antimicotiche)
  • 1 cucchiaio di miele
  • 3/6 cucchiai di olio di mandorle dolci (ha proprietà antiossidanti, elasticizzanti ed è ricco di vitamine A,D,E)

In un recipiente mescolate gli ingredienti per ottenere un composto.

BAGNO CON ACETO DI SIDRO DI MELE

Questo tipo di bagno ha proprietà antiossidanti, antibatteriche e contiene vitamina A, B1-2-6 e C.

Versate il contenuto di una tazzina nella vasca, con aggiunta di bicarbonato di sodio per un bagno disintossicante.
In passato, per pulire il cuoio capelluto, si usava un impacco di olio di mandorla e si faceva seguire allo shampoo un bel risciacquo con l’aceto. I capelli diventavano morbidi, setosi e lucenti.

BAGNI CON SALI DEL MAR MORTO

E’ da secoli dimostrato che i sali del Mar Morto portano benefici alla pelle che soffre di patologia come psoriasi, vitiligine e dermatiti.
In essi sono concentrati minerali in misura sorprendente: dal 5% in più di magnesio rispetto alle acque di altri mari e fino al 50% in più di bromo. Qui puoi acquistare prodotti per i tuoi bagni quotidiani a base di sali del Mar Morto.

BAGNO CON FOGLIE DI NEEM

Da sempre usato nella preparazione di cure e medicine in India. Oltre il 75% dei rimedi ayurvedici contengono nemm : è un prodotto riequilibrante, astringente perfetto per calmare la pelle irritata.

Preparazione:

  • aggiungete 1 litro di acqua di bollitura di 100 gr di foglie fresche (circa 70 gr. di foglie secche)
  • immergertevi nella vasca, e buon bagno

L'acqua: quanta ne dovremo bere?

L’acqua è alla base della piramide alimentare. Qual è la quantità giornaliera consigliata da bere?

Dal libro: “Acque minerali italiane” del Prof. Alessandro Zanasi

piramide alimentare

Sì, l’acqua rappresenta dal 45% al 99% della massa di qualunque essere sulla terra. Nell’uomo varia con l’età: nel neonato la quota è del 75/80% che scende al 40/50% nella persona anziana.

Il primo segnale di invecchiamento è proprio la graduale perdita di acqua nei tessuti. L’uomo necessita di 8 -10 bicchieri di acqua al giorno (1,500/2 litri) e varia da uomo a donna, dal clima, dallo stile di vita, dall’età e dall’alimentazione. Troppo spesso siamo portati a trascurare il ruolo dell’acqua:

principali funzioni svolte dall'acqua

È basilare il mantenimento del nostro bilancio idrico (liquidi in entrata e quelli in uscita):

ENTRATEQuantità d’acqua
Alimenti500-700 ml
Bevande800-1500 ml
Acqua metabolica350 ml
USCITEQuantità d’acqua
Respirazione e perspiratio1250 ml
Urine800-1500 ml
Feci100-150 ml

Un organismo disidratato non suda causando un notevole surriscaldamento organico e riducendo il volume ematico:

POSSIBILE CONSEGUENZE DOVUTE ALLA DISIDRATAZIONERiduzione
% di acqua
Insorgenza del senso di sete0,5%
Stanchezza, cefalea, difficoltà di concentrazione2-5%
Crampi muscolari, vertigini, tachicardia5%
Allucinazione, perdita di coscienza, astenia marcata7-10%
Coma e pericolo di vitaoltre 20%

Le acque destinate all’alimentazione erano quelle dell’acquedotto e quella minerale in bottiglia, ora possiamo trovare:

acque destinate all'alimentazione

Ma esiste un’acqua minerale migliore di tutte le altre?

Sicuramente no, ma esiste quella più adatta alle nostre esigenze o quella che ci piace perché soddisfa il nostro gusto.

L’acqua è parte integrante della nostra dieta alimentare, non solo come elemento indispensabile per il buon funzionamento dell’organismo ma anche perché è in grado di contribuire al fabbisogno dei minerali quali nutrimento.

Consigliate le acque medio minerali (500-1.500 di residuo fisso), le acque ricche di calcio, magnesio e solfati, acque regionali.
Evitate le acque ricche in CO2, controllate la scadenza (almeno 15 mesi) e preferite i contenitori di vetro.
Bere anche quando non si ha sete, ma bere poco durante i pasti.

Per approfondimenti: www.bereacqua.org


Scoperto un nuovo organo sotto la pelle

Grazie a nuove tecniche d’indagine si è scoperto l’interstitium, sotto la pelle e le mucose, fatto di canali pieni di fluido. Ora resta da capire bene a cosa serva.

Possibile che, a 500 anni dai primi accurati disegni del corpo umano di Leonardo da Vinci,ci siano ancora organi da scoprire? Per il professore di patologia Neil Theise, della “New York University”, ci era addirittura sfuggito uno degli organi più grandi del nostro corpo. «Lo abbiamo chiamato interstitium ed è costituito dal tessuto connettivo, cioè lo strato che fa aderire la pelle ai muscoli o le mucose agli organi interni»dice Thiese. «Si pensava che il connettivo fosse costituito da una matrice compatta di collagene e altre proteine fibrose, prodotte da cellule specializzate. Abbiamo scoperto che, in realtà, è percorso da una fitta rete di canali pieni di liquido,la cui funzione è tutta da capire.»

Il perché nessuno se ne sia accorto prima si spiega facilmente: per esaminare al microscopio i tessuti i ricercatori li disidratano per conservarli e questo fa collassare i canali del connettivo, larghi circa 20 millesimi di millimetro, rendendoli irriconoscibili.«Li abbiamo notati solo ora grazie alla endomicroscopia laser confocale, che consente di esaminare tessuti viventi mentre stanno funzionando. Applicando questa tecnica per vedere l’estensione del tumore ai dotti biliari di un paziente, i chirurghi David Carr-Locke e Petros Benias, del “Beth Israel Medical Center”, hanno notato per primi i canali del connettivo e, in seguito, li abbiamo individuati sotto tutti i tessuti di rivestimento del corpo umano, il che fa dell’interstitium uno degli organi più vasti.» Così vasto da risolvere anche il mistero di dove fosse un terzo dei circa 40 litri di acqua che costituiscono il nostro peso, visto che le cellule ne contengono circa la metà e sangue e linfa solo un altro 15 per cento: il 35 per cento mancante gonfia l’interstitium.

«Questo ‘cuscino liquido’ ha probabilmente come prima funzione quella di ammortizzare gli urti sugli organi interni, ma potrebbe avere compiti di trasporto delle sostanze nutritive, oppure una parte nelle reazioni immunitarie, visto che l’interno dei condotti è tappezzato di cellule mesenchimali, che formano cicatrici in presenza di infiammazione. Potrebbe persino condurre correnti elettriche, e spiegare così l’efficacia dell’agopuntura» conclude Thiese, che ha un forte interesse nelle medicine tradizionali.

«Si tratta in effetti di una scoperta che può avere notevoli ricadute mediche»conferma Giorgio Iervasi, direttore dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa.«Questa rete di canali, per esempio, può spiegare perché i tumori che invadono l’interstizio risultino molto pericolosi: forse le cellule tumorali si spostano lungo i canali, creando metastasi. E l’interstizio potrebbe avere anche un ruolo in malattie e nell’invecchiamento della pelle. Ma, per capirlo, dovremo individuare le funzioni di questo nuovo organo e capire che cosa circoli nei suoi canali: solo così potremo vedere come si alteri in caso di malattie e se possa servire come mezzo di diagnostico e di somministrazione di terapie.»

Articolo a cura di Alex Saragosa tratto da “Il Venerdì” della Repubblica del 20 Aprile 2018

L’intestino, il nostro secondo cervello

Oltre all’alimentazione occorre curare l’intestino, ritenuto colpevole di ogni male, soprattutto di patologie infiammatorie e autoimmuni come la psoriasi.

Negli ultimi anni, continuando a studiare i meccanismi con cui funziona il nostro corpo, si è arrivati a capire che il ruolo dell’intestino nell’organismo umano è molto più importante di quanto inizialmente si pensava (era considerato una struttura periferica atta a svolgere funzioni marginali).

Ecco che allora si sente sempre più spesso parlare di questo organo come di un secondo cervello.

instestino secondo cervello

“Basti pensare che l’intestino, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. Insomma, l’intestino è la sede di un secondo cervello vero e proprio. E non a caso le cellule dell’intestino – spiega l’esperto americano – producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere.”

Michael D. Gershon, scrittore del bestseller “Il secondo cervello”

Negli ultimi anni le ricerche scientifiche hanno capito che il ruolo del microbiota intestinale (la flora batterica intestinale) è di fondamentale importanza per la nostra salute perché si occupa di diverse cose:

  • regola la digestione dei cibi e l’assorbimento dei nutrienti fondamentali
  • difende dagli agenti patogeni
  • produce ormoni
  • è costantemente in contatto con il sistema nervoso centrale

La chiave di stress, ansia e tensione è nella pancia. La verità è che la nutrizione influenza il nostro pensiero e la nostra mente inconscia in maniera determinanteoltre a mostrare un collegamento diretto con lo sviluppo di quasi tutte le malattie.

Una persona normale nel corso della sua vita accumula residui tossici e scorie che normalmente vengono eliminati attraverso reni, polmoni, intestino quindi un suo malfunzionamento o blocco è nocivo per il benessere e occorre una costante pulizia interna.

Per approfondire sul tema dell’alimentazione ti consiglio di dare un occhiata a questo articolo.


Fondazione Corazza Psoriasi&Co.

Fake news e bufale da sfatare sul cibo

«Siamo in grado di misurare scientificamente l’impatto del web e dei social nella diffusione di certe bufale alimentari in rete. I risultati sono tremendi. Ma spiazzante è anche il fatto che la classe scientifica e gli operatori della salute non siano ancora in grado di utilizzare i medesimi strumenti per raggiungere la stessa platea di chi diffonde il falso».

Non usa mezzi termini Silvana Hrelia, docente di biochimica al Dipartimento di Qualità della vita dell’Alma Mater di Bologna, in trincea da anni contro le fake news sul cibo e le diete.

Hrelia, spesso anche il linguaggio delle bufale è scientifico. Come riconoscere i falsi?

«Diffidando da chi propone ricette imbattibili, soluzioni facili, tempi brevi, minimo sforzo. Non esiste una dieta uguale per tutti. Poi c’è che ti dice: per star bene basta eliminare questo, ad esempio il glutine. Falso.

Non esistono i celiaci?

«Certo che sì. Ma la gran parte dei consumatori abituali di prodotti gluten free sono persone che si autoproclamano sensibili al glutine, patologia che non esiste. Semmai si può esseri sensibili ai Fodmap, elementi che troviamo nei cereali ma anche in altri cibi. Perciò per eliminare il glutine, che è solo parte del problema, acquistano prodotti più cari e pieni di sostanze chimiche aggiunte per sopperire all’assenza di glutine, e in più rinunciano alle sostanze preziose contenute nei cereali».

Non tutti i cereali sono cattivi. Prenda il Kamut.

«Un’ottima idea del dottor Bob Quinn, che ha preso un tipo di grano iraniano, il Corasan, del genere Triticum a cui appartengono anche gli altri nostri grani, e lo ha impiantato in Montana, brevettandone i semi. E’ un grano, biologico e gustoso. Ma non è certo diverso dagli altri».

E il sale rosa dell’Himalaya, è un toccasana?

«Bello da vedere, per via del colore, indice della presenza di ferro. La quantità di ferro contenuta è però del tutto ininfluente. Se hai carenze di ferro occorrono integratori o carne rossa».

Carne rossa? Ma scherza?

«Chiariamo anche questo punto. Una ricerca ha stabilito che il consumo smodato di carni rosse e soprattutto insaccati fa scattare un campanello d’allarme per l’insorgenza di tumori nei soggetti già a rischio. La stessa ricerca dice che il consumo fino a 500 grammi a settimana fa parte di una dieta equilibrata. Se poi mangi una fiorentina al giorno sì, ti fa male».

E l’olio di palma?

«Un altro cortocircuito. L’incremento dei rischi di cui si parla è collegato al consumo di dosi smodate e per periodi prolungati. Ma dovremmo ingerirne quantità impensabili».

La crociata ha però spinto tutte le aziende a sostituirlo.

«Così possiamo continuare a far mangiare ai nostri figli merendine e biscotti, quando è proprio il consumo smodato di questi prodotti, e non l’olio di palma, il vero fattore di rischio per la salute. In più, per eliminare l’olio di palma, sono state inserite altre sostanze di certo non più salutari».

Alcuni yogurt liquidi ci curano davvero dal colesterolo?

«I fitosteroli con cui sono arricchiti quei prodotti riducono il colesterolo nel sangue, perché ne contrastano l’assorbimento. Ma non è certo una cura. In più i fitosteroli limitano l’assorbimento anche delle vitamine liposolubili: a lungo andare potremmo non avere fatto un buon affare».

E’ più sano lo zucchero di canna?

«E’ saccarosio grezzo, e non esistono evidenze sul fatto che il processo di raffinazione faccia male».

Meglio mangiare integrale?

«Finalmente una notizia vera. E in più la farina raffinata agisce maggiormente sul nostro indice glicemico: il diabete è la pandemia della nostra epoca».

Mangiare verdure crude è un toccasana?

«Vero per alcune, che da crude conservano meglio le loro caratteristiche nutrizionali. Ma i pomodori sono ricchi di licopene, un carotenoide importantissimo, che da crudo non assimiliamo».

Sempre meglio informarsi.

«C’è un libretto del Ministero della Sanità che smaschera in modo facile ed efficace 150 falsi miti su molti argomenti».

Intervista a cura di Simone Arminio, tratto da “Il Resto del Carlino” del 28 Maggio 2018.

Per approfondire sul tema dell’alimentazione puoi ascoltare l’intervento della Professoressa Silvana Hrelia presso il convegno “Come il cibo ci modifica“, cliccando qui.


Come curare la psoriasi - Nuovi approcci terapeutici

«C’è un sottobosco di persone che non si cura o magari si cura male perché non si affida a medici specialisti.Ed invece occorre rivolgersi allo specialista dermatologo di un centro di riferimento,per ottenere le risposte specifiche per ogni singolo caso».E’ un vero e proprio appello quello che lancia Andrea Conti,dermatologo presso l’Azienda Universitaria Ospedaliera Policlinico di Modena,alle persone che soffrono di psoriasi.

Non è più il caso di sentirsi sfiduciate e di perdere le speranze di poter affrontare la malattia, perché oggi la scienza è in grado di rispondere anche ai bisogni più complessi. «E’ vero che fino a qualche tempo fa le armi a disposizione di chi curava la psoriasi erano poche e spesso complesse da utilizzare, ma oggi la scienza è riuscita ad arrivare a nuovi approcci terapeutici – continua Conti -. Per questo è fondamentale conoscere la malattia,evitare di chiudersi in sé stessi e quindi di andare incontro ad uno stigma che non ha ragione di essere e parlarne con lo specialista. Non bisogna infatti dimenticare che la psoriasi può essere associata ad altre malattie,a partire da quelle metaboliche per giungere fino a quelle cardiovascolari e articolari: per questo è una malattia complessa,che va affrontata e non sottovalutata. Fondamentale è l’approccio multidisciplinare che vede il dermatologo come protagonista di un lavoro di gruppo che ha per obiettivo offrire le giuste soluzioni per i problemi del singolo paziente».

Tecnicamente la psoriasi viene definita malattia infiammatoria cronica immunomediata. Ed è soprattutto sul termine cronico che occorre puntare l’attenzione. Se è vero che il quadro può avere risoluzioni pressoché complete anche per mesi,esiste sempre il rischio che le lesioni compaiano di nuovo. Sul fronte dei meccanismi che conducono alla malattia nelle sue varie forme,diverse anche per gravità e coinvolgimento di altri apparati oltre la pelle,oggi si sa che esistono alcuni fattori scatenanti da non sottovalutare. Conta sicuramente molto la predisposizione genetica,ma non bisogna sottovalutare gli aspetti ambientali e l’attività del sistema immunitario dell’organismo, che ovviamente entra in gioco nel determinare le lesioni.

L’importante è conoscere la malattia e non nascondersi. La psoriasi comporta spesso disagio,imbarazzo e frustrazione che si ripercuotono negativamente sull’autostima del paziente. Le condizioni generali di salute e la qualità della vita dei pazienti sono correlate alla gravità della malattia e delle sue manifestazioni. Quando le placche si manifestano in zone del corpo fortemente esposte,come volto,cuoio capelluto,unghie,allora la psoriasi pone notevoli problemi di vergogna e imbarazzo e di conseguenza ha un rilevante impatto sulla quotidianità e sulle relazioni interpersonali. Se le chiazze si localizzano in aree del corpo meno visibili il disagio è minore ma la malattia è ugualmente fastidiosa per la presenza di prurito o dolore. «Ciò che conta,alla fine,è che sia lo specialista a definire la gravità del quadro e le strategie per curarlo al meglio-conclude Conti-. Oggi disponiamo di nuovi approcci con farmaci innovativi che possono mandare in remissione stabile per lunghi periodi la patologia. E soprattutto disponiamo di soluzioni terapeutiche efficaci e sicure in grado di migliorare e addirittura prevenire la presenza di altri quadri,primo tra tutte l’artrite,che si possono correlare alla psoriasi».

Articolo a cura di Federico Mereta,tratto da “Il Resto del Carlino” del 27 Maggio 2018


Lo scorso anno, un team di ricercatori del Dipartimento di Dermatologia presso la facoltà di medicina dell’Università della California-San Francisco (UCSF), ha pubblicato i risultati di un sondaggio condotto su scala nazionale per verificare l’impatto delle scelte alimentari sulla psoriasi.

Più di 1,200 membri della National Psoriasis Foundation hanno risposto alle 61 domande del questionario, con risultati significativi e addirittura sorprendenti. I risultati del sondaggio restituiscono un’idea chiara di quali siano i regimi alimentari più seguiti dai pazienti, così come dei cibi che sembrano provocare un aumento dei loro sintomi dermatologici di psoriasi e quelli che li riducono.

Più della metà dei partecipanti al sondaggio hanno indicato che ridurre il consumo di alcol, glutine e solanacee – cibi appartenenti alla famiglia di vegetali che include i pomodori, le patate, le melanzane e i peperoni – ha portato ad un evidente miglioramento dei sintomi. Anche l’integrazione di olio di pesce, verdure e vitamina D si è dimostrata utile.

I partecipanti hanno inoltre indicato che diversi regimi alimentari si sono dimostrati particolarmente efficaci nell’alleviare i loro sintomi: la dieta Pagano (che si basa sul principio che la psoriasi sia causata da un accumulo di tossine, conosciuto anche come “permeabilità intestinale”), la dieta vegana, e la dieta Paleo. Anche le diete senza glutine, Mediterranea e vegetariana sono state identificate come benefiche dai partecipanti.

Il Dr. John Y.M. Koo, direttore della Psoriasis, Phototherapy and Skin Treatment Clinic presso l’Universita’ della California-San Francisco, e co-autore dello studio, ha notato che ciò che accomuna queste diete così diverse tra loro è che tutte portano alla perdita di peso.

“Anche se non ci sono ancora dati effettivi che dimostrano con certezza quale di questi regimi alimentari sia il più efficace per i pazienti affetti da psoriasi, si è riscontrato per tutti un beneficio comune: la perdita di peso”, afferma Koo. “Nella misura in cui la dieta vegana, Paleo o senza glutine aiutano le persone a perdere peso, vale la pena sperimentarle.”

Cosa significa questo per la vostra dieta

I dati estrapolati dal sondaggio non dimostrano nulla in senso stretto, dice Koo. Tuttavia, Koo ritiene che questi risultati siano significativi. “Visto che il sondaggio si basa su dati raccolti dalla vita reale – su ciò che funziona o meno per i pazienti – i risultati possono essere incoraggianti per i pazienti,” dice. “I pazienti possono decidere di eliminare uno degli alimenti che attivano la risposta infiammatoria presenti nella lista o seguire uno dei regimi alimentari più efficaci proposti nel sondaggio e monitorare la propria risposta fisica nel tempo.”

Per fare questo, i pazienti dovrebbero tenere un diario alimentare, procedere in modo convinto per tentativi, e “mantenere una mentalità aperta, tenendo presente che ciò che funziona per una persona, potrebbe non funzionare per un’altra,” spiega il Dr. Wilson Liao, autore principale dello studio. “Dovrebbero anche prendere in considerazione di rivolgersi ad un nutrizionista, oppure ad un medico con una buona conoscenza dell’alimentazione, per poter costruire un regime alimentare adeguato in base alle preferenze della persona e alla sua storia clinica.”

È ragionevole speculare che, dice Koo, i pazienti potrebbero anche rispondere in modo diverso a diverse strategie alimentari a seconda del sotto-tipo di psoriasi dal quale sono affetti. Riuscire ad individuare la combinazione giusta tra dieta e sotto-tipo di patologia è una delle sfide interessanti per le ricerche future.

“Idealmente, i dati raccolti attraverso questo sondaggio, potrebbero essere usati per sviluppare i rigorosi studi clinici di cui abbiamo bisogno per chiarire in modo esaustivo quale sia la relazione tra regime alimentare e psoriasi.”

Fonte: https://www.psoriasis.org/advance/national-survey-maps-influence-diet-psoriasis

Vitamina D: quanta ne dobbiamo assumere?

Il professor Giampiero Girolomoni, che dirige l’Unità operativa di clinica dermatologica dell’Università di Verona, spiega come possiamo scoprire il nostro livello di produzione di vitamina D nella pelle:

“Si dosa nel sangue, quando la quantità non raggiunge i 20 nanogrammi per millimetro è raccomandabile integrarla per via orale. Dai 45 nanogrammi in su il livello è da considerare normale. La dieta non è sufficiente per l’apporto, perché la vitamina D è contenuta nei grassi dei cibi che noi scartiamo sempre.”

  • Poco o tanto sole? Che cosa fa bene per la pelle? Come ci dobbiamo regolare?

“Il sole va sempre bene, basta proteggersi con filtri solari, come minimo un fattore 30. O con indumenti colorati.”

  • Tuttavia le creme solari più diffuse nel mercato sembrano contenere allergeni o sostanze chimiche che possono alterare il sistema ormonale. È vero?

“No. Le allergie sono rarissime, le protezioni solari non alterano il sistema ormonale. Sono sicure, si potrebbero mangiare.”

  • Vede più tumori cutanei o patologie legate alla scarsa esposizione al sole rispetto al passato?

“I tumori della pelle dipendono dal sole che si è preso da ragazzi e si manifestano 20 anni dopo. Sono in aumento, a partire dai 30-40 anni perché l’onda è lunga e perché eravamo abituati a prendere il sole senza le precauzioni che adottiamo oggi. I giovani dovrebbero proteggersi dai raggi solari, al contrario degli anziani che ne hanno bisogno ma lo evitano.